A Matera con Cristo si è fermato a Eboli

Abbiamo iniziato a riscoprire i classici italiani del 900 con Lessico Famigliare, di Natalia Ginzburg. Abbiamo parlato della necessità di rileggerli fuori dagli obblighi e dalle scadenze scolastiche, guardandoli con occhi un po’ più maturi e forse capaci di cogliere nuove sfumature e di creare nuovi collegamenti.

In ottobre, cogliendo l’occasione di un breve soggiorno a Matera, ho ripreso in mano un libro che non aprivo da un po’: Cristo si è fermato a Eboli.

A scuola l’occasione era quella di studiare il confino a cui intellettuali e oppositori venivano mandati dal regime fascista. Ora l’occasione è stata quella di scoprire il legame con la città e il significato che quel libro ha avuto per Matera, per capire fino in fondo il grido di gioia degli abitanti al momento dell’annuncio di “Matera capitale cultura europea 2019”, che andava oltre la semplice felicità.

Quell’urlo era spinto da orgoglio, riscatto, soddisfazione.

E non solo per la questione meridionale, di cui si parla anche all’interno di Cristo si è fermato a Eboli, ma anche perché per anni, i Sassi sono stati la “vergogna dell’Italia”.

Ci sono libri talmente potenti da riuscire a cambiare le sorti di un popolo, di un’intera città, attirando l’attenzione di intellettuali, politica e opinione pubblica. È quello che è successo a Matera, dopo la pubblicazione di Cristo si è fermato a Eboli.

Carlo Levi scrive Cristo si è fermato a Eboli tra il 1943 e il 1944, il romanzo è autobiografico e racconta la sua esperienza di torinese mandato al confino in Lucania, tra il 1935 e il 1936. È un medico – anche se non esercita da anni – ed è un pittore, con i fratelli Rosselli ha fondato il movimento “Giustizia e Libertà”.

Il titolo, Levi lo attribuisce alla cultura lucana “noi non siamo cristiani – dicono – Cristo si è fermato a Eboli. Cristiano nel loro linguaggio significa uomo: e la fase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla più che l’espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità.”

I contadini in Lucania hanno condizioni di vita paragonabili a quelle di molti secoli prima.

Levi scrive nella sua prefazione “Come in un viaggio al principio del tempo, Cristo si è fermato a Eboli racconta la scoperta di una diversa civiltà. È quella dei contadini del Mezzogiorno: fuori della Storia e della Ragione progressiva, antichissima sapienza e paziente dolore”.

Il racconto di Matera, che Levi affida alla sorella Luisa, neuropsichiatra infantile, dipinge condizioni di vita terribili, gli enormi palazzi imperiali e novecenteschi come la Questura e le Poste nascondevano la città.

Allontanatami ancora un poco dalla stazione, arrivai a una strada, che da un solo lato era fiancheggiata da vecchie case, e dall’altro costeggiava un precipizio. In quel precipizio è Matera. Ma di lassù dov’ero io non se ne vedeva quasi nulla, per l’eccessiva ripidezza della costa, che scendeva quasi a picco. Vede-vo soltanto, affacciandomi, delle terrazze e dei sentieri, che coprivano all’occhio le case sottostanti. Di faccia c’era un monte pelato e brullo, di un brutto colore grigiastro, senza segno di coltivazione, né un solo albero: soltanto terra e pietre battute dal sole. In fondo scorreva un torrentaccio, la Gravina, con poca acqua sporca e impaludata fra i sassi del greto. Il fiume e il monte ave-vano un’aria cupa e cattiva, che faceva stringere il cuore. La forma di quel burrone era strana; come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso in un apice comune, dove si vedeva, di lassù, una chiesa bianca, Santa Maria de Idris, che pareva ficcata nella terra. Questi coni rovesciati, questi imbuti, si chiamano Sassi: Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Hanno la forma con cui, a scuola, immaginavamo l’inferno di Dante. E cominciai anch’io a scendere per una specie di mulattiera, di girone in girone, verso il fondo.”

“Io guardavo passando, e vedevo l’interno delle grotte, che non prendono altra luce e aria se non dalla porta. Alcune non hanno neppure quella: si entra dall’alto, attraverso botole e scalette. Dentro quei buchi neri, dalle pareti di terra, vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi. Sul pavimento stavano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha, in genere, una sola di quelle grotte per tutta abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini e bestie. Cosí vivono ventimila persone. Di bambini ce n’era un’infinità. In quel caldo, in mezzo alle mosche, nella polvere, spuntavano da tutte le parti, nudi del tutto o coperti di stracci. (…) Ho visto dei bambini seduti sull’uscio delle case, nella sporcizia, al sole che scottava, con gli occhi semichiusi e le palpebre rosse e gonfie; e le mosche gli si posavano sugli occhi, e quelli stavano immobili, e non le scacciavano neppure con le mani. Sí, le mosche gli passeggiavano sugli occhi, e quelli pareva non le sentissero. Era il tracoma. Sapevo che ce n’era, quaggiù: ma vederlo così, nel sudiciume e nella miseria, è un’altra cosa. Altri bambini incontravo, coi visini grinzosi come dei vecchi, e scheletriti per la fame; i capelli pieni di pidocchi e di croste. Ma la maggior parte avevano delle grandi pance gonfie, enormi, e la faccia gialla e patita per la malaria. Le donne, che mi vedevano guardare per le porte, m’invitavano a entrare: e ho visto, in quelle grotte scure e puzzolenti, dei bambini sdraiati in terra, sotto delle coperte a brandelli, che battevano i denti dalla febbre. Altri si trascinavano a stento, ridotti pelle e ossa dalla dissenteria.”

Dopo la pubblicazione, al termine della Seconda Guerra Mondiale, il libro ha riscosso talmente tanto successo che fu impossibile per la politica continuare a far finta di niente.

Nel 1948, il leader del partito Comunista italiano Palmiro Togliatti giunse nel capoluogo lucano per guardare con i propri occhi gli ambienti malsani in cui gli abitanti erano costretti a vivere in compagnia delle bestie. Senza mezze parole definì i Sassi “Vergogna nazionale”.

Nel 1950 il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi si recò a Matera. Al termine del viaggio venne varata una legge speciale per lo sfollamento dei sassi di Matera del 1952, grazie alla quale lo Stato si assunse il compito di risanare i quartieri Sasso Caveoso e Sasso Barisano dell’abitato di Matera e di costruire case popolari per contadini, operai ed artigiani, in sostituzione di quelle precedenti, inabitabili. Alla costruzione della città parteciparono architetti di fama internazionale, tra i quali spicca Adriano Olivetti, che per la nuova Matera aveva pensato a un modello di città ideale   Villaggio La Martella (purtroppo senza calcolare l’emigrazione verso nord degli anni 60).

Partì così lo svuotamento di massa dei Sassi, completato negli anni 60. Tutta la popolazione fu fatta trasferire nella “città nuova”. I Sassi diventarono proprietà del demanio. Negli anni, i Sassi di Matera con la Gravina per architettura e paesaggio sono la scenografia ideale per film importanti: il “Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini del 1964, ma anche “La passione di Cristo” di Mel Gibson del 2002.

Girando per Matera, la guida ci ha detto che suo nonno, non appena entrato nel nuovo appartamento guardò la vasca da bagno e disse “qui è dove devo fare l’orto?”. Era il 1960.

In 50 anni la città si è trasformata e i Sassi sono tornati a ospitare la vita.

“Nelle grotte dei Sassi si cela la capitale dei contadini, il cuore nascosto della loro antica civiltà. Chiunque veda i Sassi di Matera non può non restarne colpito tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza”

- Carlo Levi

Il consiglio non richiesto

  • riprendere in mano i libri che abbiamo letto durante gli anni di scuola
  • quando ci si potrà muovere di nuovo con serenità, partire per Matera con in valigia Cristo si è fermato a Eboli
  • guardare Matera con gli occhi della scoperta, senza la fretta del turista mordi e fuggi
  • leggere la guida indipendente alla città di Matera