Radici bionde - Bernardine Evaristo

Riusciamo a immaginarci una realtà in cui sono i bianchi, anzi i “bianki” a essere stati schiavi dei neri? È questo che ci spinge a fare Bernardine Evaristo in “Radici bionde”, romanzo satirico-distopico uscito nel 2008 e appena tradotto da Martina Testa per Sur.
Nonostante la struttura sia diversa e la forma più tradizionale, si possono già vedere in Radici bionde parecchi dei tratti tanto ammirati in Ragazza, donna, altro.

Primo fa tutti la grande intelligenza di Evaristo, la sua capacità di lavorare sui dettagli per stravolgere la nostra percezione della realtà. Poi l’intenzione di scardinare i preconcetti e i nostri schemi mentali, molto più radicati di quanto crediamo. Il tutto caratterizzato da un’ironia sottile e acuta, alternata a pagine brutali ed estremamente realistiche basate sulla cronaca storica.

Non bisogna farsi spaventare dal termine “distopia” perché il capovolgimento in Radici Bionde non va verso un mondo apocalittico, ma è un assunto da cui partire, un forte espediente narrativo messo in campo per sfidarci a riflettere.

L’AUTRICE

Bernardine Evaristo è nata a Londra nel 1959 da madre inglese e padre nigeriano. È autrice di otto romanzi (fra cui Mr. Loverman, Playground 2014) e di testi teatrali e critici, ed è da sempre impegnata in campagne per l’inclusione e la visibilità degli artisti di colore. Ragazza, donna, altro, vincitore del Man Booker Prize e di un British Book Award, finalista all’Orwell Prize per la letteratura politica e al Women’s Prize for Fiction, nel Regno Unito è stato il primo libro di una donna di colore ad arrivare in testa alla classifica della narrativa tascabile.

“Radici bionde” è un romanzo molto bello e secondo noi viene ancora più apprezzato da lettorə che si vogliono mettere in gioco, per riflettere su alcune dinamiche sociali e culturali di discriminazioni storicizzate. 

In questa prospettiva, profondamente politica, il libro diventa uno strumento di analisi sul mondo.