Tempi eccitanti | Naoise Dolan

Pensavo fosse molto più semplice scrivere di Tempi eccitanti. In realtà si rivela sorprendentemente difficile.

A riconferma del fatto che un romanzo in apparenza lineare e spontaneo può rivelare una stratificazione complessa e compatta. In questo sicuramente riconosco un’analogia con le storie di Sally Rooney, che quando le racconti sembrano avere la profondità di un episodio di Gossip Girl perché è impossibile trasmettere tutte le sfumature che si colgono leggendole.

Non parlerò di Naoise Dolan come la nuova Sally Rooney (lo stanno facendo in molti) perché è vero che hanno la stessa età e sono entrambe irlandesi, ma hanno ben poco in comune nel modo di raccontare. Dolan infatti ha un senso dell’umorismo brutale e una schiettezza nel liquidare anche i sentimenti più tormentati che rende unico il suo stile. E’ più tagliente di Rooney nel dare giudizi e in generale meno introspettiva. Non siamo qui però per fare paragoni, ma per parlare del libro per com’è. 

My sexuality has been integral to shaping who I am, though the way it’s manifested has varied depending on my environment, so that’s the type of gay book it made sense for me to write: One where identity is contingent, not absolute. Not everyone will relate to Exciting Times, because there is no single ‘relatable’ gay way of being. Even the experiences of one person will differ throughout their lives, as mine have. But that’s why we need more LGBT stories — so no-one has to speak for everyone.

- Naoise Dolan

LA TRAMA

Ava, dublinese di ventidue anni, decide di usare il suo “fondo per l’aborto” per pagarsi un volo per Hong Kong e l’affitto di una stanza tramite Airbnb. E già qui Dolan assesta con nonchalance la prima di una serie di critiche alla società irlandese, in cui l’aborto nel 2016 era ancora illegale.

A Hong Kong insegna inglese, precisamente grammatica, “dove il fatto di non piacere ai bambini garantiva un buon punteggio nella valutazione della performance”.

Poco dopo il suo arrivo conosce Julian, ventottenne banchiere laureato a Oxford. Inglese, benestante, si scandalizza quando Ava gli confessa che non è mai stata a Londra, ma non si preoccupa minimamente di non essere mai stato in Irlanda. La loro relazione si basa sul sesso e sul fatto che Julian abbia una casa molto grande: Ava preferisce rimanere lì piuttosto che nel piccolo bnb e a Julian piace averla intorno. Non servono sentimenti a giustificare questo rapporto, anche se Ava sembra essere coinvolta da Julian, o forse cerca solo di fare breccia nella sua freddezza?

Dopo qualche mese, Julian annuncia ad Ava che andrà a Londra e ci rimarrà per un po’. Le dice anche che rimarranno in contatto e che lei può comunque rimanere nell’appartamento. Durante l’assenza di Julian, Ava conosce Edith, sua coetanea con un brillante futuro da avvocato.

Le due ragazze iniziano a frequentarsi e scoprono di piacersi. Ava ama il fatto che Edith non abbia nessuna paura di mostrare le proprie emozioni, di dirle apertamente cosa apprezza di lei e di condividere esperienze. Quando le due cominciano una relazione, Ava inizia a metabolizzare il fatto che forse dovrebbe dirlo a Julian. Gli scrive così molti messaggi, che rimangono però solo sul suo telefono senza mai essere inviati. Lo schermo del telefono diventa quindi una narrazione parallela, in cui i sentimenti vengono verbalizzati senza essere condivisi.

Con l’avvicinarsi del ritorno di Julian, Ava si sente sempre più messa alle strette, ma non riesce mai a trovare il coraggio di dirgli la verità. In fin dei conti lui non era poi così male e l’idea di tornare nel minuscolo bnb non le piace per niente. Tuttavia sul finale, A va sarà costretta a prendere in mano la situazione e a prendersi la responsabilità delle sue scelte.

Restare nel suo appartamento era un modo per allontanarmi in maniera evidente dal concetto capitalista per cui io valevo qualcosa solo se pagavo la mia parte e mi mantenevo da sola. O forse questo mi rendeva una cattiva femminista. Mi sarei preoccupata di risolvere l’enigma una volta finita l’esperienza. Non aveva molto senso rimuginarci sopra, fino ad allora. E se avessi deciso che non mi piaceva stare da lui? Avrei dovuto fare qualcos’altro, e magari le alternative non mi sarebbero piaciute di più.

- tempi eccitanti

Come sostiene Claudia Durastanti (la Stampa), che ha magistralmente tradotto questo romanzo, uno dei temi centrali diTempi eccitanti è il nostro rapporto con il linguaggio. Quando Ava inizia a insegnare inglese ad Hong Kong si rende conto che l’inglese che conta è solo l’inglese britannico, e che già dall’accento si può determinare una classe sociale. Fin dalle prime pagine, Ava filtra le sue impressioni attraverso continue riflessioni sulla supremazia dell’inglese standard e il suo potere discriminatorio verso gli altri accenti. Anche la prima descrizione di Edith si basa sul suo modo di parlare, sul suo accento “altezzoso e bigotto” e sul suo modo di scandire le sillabe.

Tramite Ava, Dolan ci costringe a prendere atto del fatto che il linguaggio definisce chi siamo e da dove veniamo molto prima delle azioni.

Tempi eccitanti è anche un romanzo sulla fluidità delle relazioni, dove l’identità non è assoluta ma contingente, si forma in base agli incontri e alle opportunità.

Naoise Dolan affronta con grande sagacia, temi forti e attualissimi: la bisessualità, il femminismo, le conseguenze del capitalismo, il post-colonialismo. Ava non è un’eroina, ma una ragazza normale che naviga come può tra alterne fortune e difficoltà e ci racconta in modo irresistibile i suoi personalissimi tempi eccitanti.

Questo libro è tante cose: un ritratto dei giovani d’oggi, una riflessione sulla fluidità delle relazioni, un romanzo scritto con sorprendente ironia e sagacia. Questo libro per me è stato fin da subito qualcosa in più. Come a volte succede tra libri e lettori, si è creato un legame emotivo che va oltre il testo in sé.
Avevo praticamente la stessa età di Ava quando sono partita per un anno oltreoceano. Lei è andata a Hong Kong, io nel Nordest degli Stati Uniti. Come lei, ho vissuto il desiderio di legarmi a persone che mi facessero da “ancore” in un ambiente nuovo, ho riflettuto molto sul concetto di potere e di disparità. Ho capito che la lingua che parliamo dice tanto di noi e, in qualche modo, determina già alcune delle nostre opportunità.
Crescere vuol dire soprattutto scoprire di non essere un solo “io” e accettare la nostra nostra identità come una contingenza, che si forma sulle nostre esperienze e i nostri incontri. Allora avrei potuto essere diversa da così? Certo che sì.
Il gioco sta nel non chiedersi troppo chi avremmo potuto essere se quel giorno non ci fossimo seduti a quel tavolo o non avessimo preso quell’aereo, ma nel fare i conti tutti i giorni con chi stiamo diventando.

____________________________

Il consiglio non richiesto