Donne che vogliono essere libere di scegliere | Seni e uova di Mieko Kawakami

In questi mesi, tra di noi ci siamo confrontate molto su scrittrici e contemporaneità. Nell’ultima settimana ne abbiamo iniziato a  parlare anche qui sul sito e a lungo – anche se mai abbastanza – su instagram.

L’obiettivo non è quello di creare un “filone letterario” una sorta di etichetta che evidenzi un genere (in questo caso sia editoriale, sia legata all’essere scrittrici donne). Ma di rendere evidente un cambiamento, un bel modo di raccontare questi anni.

Ho iniziato a leggere alcune scrittrici  (per citare solo quelle di cui abbiamo già parlato Rooney ad esempio, ma anche Dolan o Alice Urciuolo) che raccontano, con un linguaggio inedito, fresco, senza giudizi o finzioni il mondo di oggi, le difficoltà, la precarietà, le incertezze, ma anche desideri, fluidità di rapporti e il rifiuto di etichette. Storie normali, che potrebbero accadere a tutti. Storie private che diventano universali. Tra questi libri, anche per avere uno scorcio su un paese tradizionalmente diverso dal nostro, non può mancare Seni e uova, vero e proprio caso letterario in Giappone.

Uscito per edizioni e/o a fine agosto, Seni e uova ha vinto il premio Akutagawa, il più prestigioso premio letterario giapponese e Mieko Kawakami, l’autrice, è una delle scrittrici più importanti e vendute in Giappone.

LA TRAMA

Seni e uova racconta un lungo viaggio intimo di tre donne alle prese con la vita quotidiana, aspettative e difficoltà, le pressioni della società e la possibilità di scegliere il proprio futuro liberamente. 

Nell’estate 2008, Makiko va a Tōkyō insieme alla figlia dodicenne Midoriko. La motivazione ufficiale è quella di far visita alla sorella, Natsu. Il motivo vero del viaggio, però è la volontà di Makiko di trovare una clinica in cui possa mettere delle protesi al seno a prezzi accessibili. Un seno nuovo sembra essere per Makiko l’unica soluzione alla felicità, celando l’angoscia per l’invecchiamento, i problemi economici, il fatto di crescere una figlia da sola e di lavorare “a vita” come hostess.  Midoriko, non le parla da sei mesi, incapace di accettare i cambiamenti del suo corpo di adolescente e sconvolta dal desiderio della madre di modificare il proprio seno volontariamente. Dopo tanti silenzi e incomprensioni, l’ultima sera a Tōkyō segna il momento di cambiamento del rapporto: una litigata profonda, finita con un lancio di uova, vede finalmente madre e figlia parlarsi in modo sincero.

Dieci anni dopo, il racconto si concentra su Natsu, ora scrittrice affermata. È ambientato tra Tōkyō e Ōsaka, loro città natale. Natsu è ossessionata dall’idea di invecchiare da sola e inizia il percorso per diventare madre, in una clinica specializzata,  scontrandosi con i pregiudizi della società giapponese e i problemi legali e fisici legati alla fecondazione assistita.

È abbastanza difficile riassumere tutti i temi trattati: un po’ perché sono più di 600 pagine di storia, un po’ perché – come abbiamo già detto in altri casi – la nostra attenzione è rivolta, principalmente, alla sensibilità e alla lucidità con la quale si sta raccontando la contemporaneità.

Le vicende al centro del romanzo si fanno specchio della vita delle donne in Giappone, affrontando temi che potremmo definire “senza tempo” ma filtrandoli con gli occhi di oggi, come l’arrivo delle mestruazioni e il rapporto con il proprio corpo, la maternità, la malattia, il sesso, ma anche nuovi argomenti come la fecondazione assistita.

Non abbiamo davanti un’eroina, non abbiamo nemmeno giudizi sulle scelte, non c’è un giusto o sbagliato. Sulla fecondazione assistita, nel libro, si sentono più punti di vista, compreso quello di chi è nato in questo modo, non solo del possibile genitore.

L’obiettivo è quello di raccontare la vita di questi anni, le pressioni della società su una donna (in questo caso che vuole diventare madre, ad esempio, pur non avendo un compagno), quanto la condizione economica determini ancor oggi chi sei e cosa puoi fare,  desideri, ambizioni, rapporto con il proprio corpo e con l’invecchiamento.

Il linguaggio qui è molto meno crudo (rispetto ad esempio a quanto abbiamo evidenziato parlando di Tempi eccitanti). Penso sia dovuto al paese d’origine, alla cultura di riferimento di chi scrive e chi legge. Per il Giappone questo libro è rivoluzionario: parlare di seni, donne, corpo femminile, maternità senza fare giri di parole è un cambio di paradigma sconvolgente.

Forse è esagerato, ma penso che in parte possa essere considerato un manifesto, un tentativo di dire al mondo intero “guardate, la società è fatta così, se provate queste cose, queste sensazioni, queste emozioni e ambizioni è tutto normale, tranquille. Non c’è un giusto universale, l’importante è essere libere di scegliere o di fare di tutto per esserlo”.

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Il consiglio non richiesto

  • il libro è molto lungo, non scoraggiatevi
  • sul tema maternità come scelta (intesa anche come scelta di non aver figli) potete leggere “La figlia unica” di Guadalupe Nettel
  • leggere questa intervista a Mieko Kawakami uscita sul Guardian. Per il lancio in Italia è uscito un articolo sul Corriere, ma ammetto – pur non essendo nessuno – che trattare la complessità dei temi contenuti in questo libro con domande tipo “lei è crudele?” e il rapporto con la religione mi hanno lasciato un po’ basita.